sabato 1 marzo 2008

Storia di serial killer, scoiattoli e code lunghe. La pubblicità e la sua visione del mondo.

Negli ultimi quarant’anni il mondo è cambiato. Internet e le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il nostro modo di intendere le coordinate spazio-temporali (e continuano a cambiarci, anche se qualcuno ancora non se ne è accorto;-) Ma, ben prima, importanti trasformazioni demografiche e sociali hanno modificato il nostro vivere quotidiano. Dal ’68 alla rivoluzione femminile, dal baby-boom alla fine del lavoro gli ultimi quarant’anni dovrebbero averci insegnato almeno una cosa: di stabile è rimasto davvero poco. Eppure, qualcuno non se è accorto.
Mi riferisco ai pubblicitari. Straordinari cervelli che per primi ci han fatto capire i vantaggi di parlare (o quanto meno masticare) l’inglese, della mentalità marketing-oriented e di un approccio problem-solving, sempre sul pezzo o meglio un pezzo avanti, i primi trendsetter, scopritori di nuove tendenze e di qualsiasi segnale, debole o forte, che venisse dal mercato o dalla gente, ovunque nel mondo. Qualcuno mi dovrà spiegare, prima o poi, perché persone con queste supreme capacità quando creano spot per persone “comuni”, noi poveri uomini e donne della strada, signore marie, lo fanno sulla base di stereotipi diciamo - per essere molto buoni - un filo antiquati ed asettici. Due esempi tra i tanti: ma secondo voi perché dovremmo provare desiderio d’acquisto per un chewing-gum che si pubblicizza con uno scoiattolo che per spegnere l’incendio nel bosco (?) alza la zampetta e produce quello che potremmo definire un virulento attacco di petulenza? Che cosa fa ritenere che una gentile padrona di casa si identifichi facilmente con una piovra, una giraffa o una millepiedi nell'utilizzo di un deodorante per ambienti? E soprattutto: ma chi le conosce tutte queste assatanate serial killer di bacilli e batteri, donne ululanti e vogliose di case pulite e bianchi più bianchi?
Dov’è finita l’ironia, la creatività, la cultura dei vecchi pubblicitari? Ogilvy – un grande del passato – soleva dire: se non hai nulla da dire sul tuo prodotto, cantalo. Salvo poi farsi scarrozzare in giro per ore e ora su una Rolls Royce che doveva pubblicizzare per inventare una campagna che è rimasta inossidabile nel tempo: su una rolls royce l’unico rumore che sentirai è il ticchettio del tuo orologio. Non penso avesse in mente questo annuncio, il copy che recentemente, per indurci a pensare all’audi TT, ha scritto uno spot radio basato su un ttttttttttttttittttttttttttttttttttti che meriterebbe lo strangolamento del povero speaker prima e del copy stesso poi. Sarà una macchina su cui non c’è proprio altro da dire? Mah. Il vecchio magnate Ford (quello delle macchine, per intenderci) sosteneva che il 50% dei soldi investiti in pubblicità erano buttati, ma non sapendo quali cinquanta non poteva evitare di spenderne cento. Temo che quelle percentuali oggi sarebbero da rivedere, e più che al 50/50 di Ford darebbero ragione a Pareto e alla sua legge dell’80/20 (quella che oggi si chiama legge della long tail, coda lunga, tanto per rimanere in tema di scoiattoli e zebre).
Accusati di fare prodotti vuoti e di basso livello, televisione e pubblicità si difendono dando la colpa a chi guarda. Ma già nel 1968 il grande Bruno Munari avvertiva: “Il grado culturale di una certa massa di pubblico al quale si vuole dare una certa informazione va considerato, ma non nel senso in cui molti pubblicitari ancora oggi fanno: essi sostengono infatti che essendo una certa categoria poco intelligente, bisogna darle dei messaggi stupidi. Caso mai bisogna darli molto più chiari (il che comporta spesso un maggior lavoro di ricerca e quindi, tanto è lo stesso, non viene fatto). Con i bambini bisogna essere molto semplici ma estremamente chiari, non stupidi, altrimenti i bambini, e chiunque abbia mentalità infantile, non capiscono addirittura. E questo lo sa bene chi fa buoni libri per bambini. Si tratta sempre di un problema di chiarezza, di semplicità. C’è molto lavoro da fare per togliere, invece di aggiungere. Togliere il superfluo per dare una informazione esatta, invece che aggiungere e complicare l’informazione”.

Fonte: Bruno Munari, Design e comunicazione visiva, Laterza 1968

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