lunedì 31 marzo 2008

Il male oscuro non è più prerogativa dei paesi ricchi.

Tempi di cambiamento, cambiamento dei tempi. E anche dei luoghi.
Mentre in Italia assistiamo ad un movimento (potremmo forse più correttamente parlare di una lobby) che sta operando affinché gli psicologi non abbiano più il diritto (legale) di fare diagnosi, dall’altra parte del mondo si scopre sempre di più l’importanza della psicologia e dell’ascolto. Non mi sto riferendo agli Stati Uniti, anche se certo l’esempio potrebbe essere calzante, pur se scontato. Sto parlando dell’India.

Un continente in fortissima espansione economica, più di un miliardo di persone, una forbice spaventosamente aperta tra chi può vivere nel lusso e nell’agiatezza occidentali e chi non ha nulla nemmeno per sfamarsi. E – potrà stupire molti – il bisogno di ascolto e di supporto psicologico viene espresso non tanto (o non solo) dai primi, bensì soprattutto da questi ultimi. Era stato Gandhi, proprio in quel paese, a ricordare che nemmeno Dio può pretendere di essere ascoltato da una persona che ha fame, a meno che non gli parli di cibo.

Ma i tempi cambiano, come ci spiega un lungo articolo comparso settimana scorsa sulle pagine di scienza e tecnologia della versione internazionale del The New York Times (io l’ho trovato nel supplemento della Sűddeutsche Zeitung di martedì 25 marzo), dal titolo: “In third-world Test, Psychotherapy for All”, a firma di David Kohn.

Un tempo si credeva che chi ha fame non ha tempo (ed energie) per cadere in depressione. Non è più così. La depressione è un male oscuro che sta preoccupando milioni di indiani e soprattutto il sistema sanitario del paese (sembra che in India i disturbi del tono dell’umore abbiano un incremento del 20% l’anno!) È stato lanciato un nuovo programma, chiamato GOA, studiato e coordinato dal dottor Vikram Patel della London School of Hygiene and Tropical Medicine. Si tratta di un trattamento combinato di antidepressivi collegato con un supporto psicologico che ha dimostrato di essere estremamente efficace. Come spiega il dottor Patel, in un continente dove correre è una necessità per arrivare al domani, non c’è più nessuno che ascolta. E se non c’è nessuno che ti ascolta, può capitare che perdi la voglia di correre e, spesso, persino la motivazione per arrivarci, al domani.

Foto: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/mamen/144901429/)

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