domenica 2 marzo 2008

La scuola e gli episodi di violenza giovanile: cambiare visione per comprendere

I preadolescenti violenti che hanno commesso reati sono ancora tutti nella fascia d’età dell’obbligo scolastico, quindi la scuola rappresenta spesso il teatro e l’ambiente privilegiato in cui effettuare un’indagine più approfondita.
I ragazzi che manifestano comportamenti devianti hanno anche con la scuola ed il ruolo di studenti un rapporto difficile, segnato da bocciature, incapacità di apprendimento e studio, problemi di inserimento nel gruppo classe e con gli insegnanti. Il fallimento scolastico è una costante che spesso precede il tratto trasgressivo.
La capacità di pensare è strettamente collegata alla possibilità di sentire ed entrare in contatto con il proprio mondo affettivo: è la capacità di contenere e simbolizzare l’affettività che consente di apprendere; per i preadolescenti che commettono azioni devianti spesso non è possibile entrare in contatto con tale fatica mentale, confrontandosi con la propria fragilità emotiva.
La scuola così da un lato funziona come cassa di risonanza del disagio, perché chiama ad un compito specifico per quella fase di crescita che non può essere assolto in maniera adeguata, dall’altro può rappresentare il luogo in cui tale disagio può essere espresso nella speranza di essere accolto.
Questi ragazzi vengono spesso bocciati in prima e ancora più in seconda media, quando il divario con i compagni diventa ineludibile ed è a questo punto che il Sé narcisisticamente fragile e mortificato dal fallimento, può spingere il ragazzo a cercare altrove la propria rivalsa ed il proprio successo.
Si abdica allora al proprio ruolo di studente, troppo complesso da realizzare e si cerca sostegno nel gruppo maschile, formato da coetanei altrettanto fallimentari nell’apprendimento scolastico, alla ricerca di un proprio modello di socializzazione e d’identità virile contro gli adulti. In questa fase evolutiva dell’adolescente siamo ancora agli esordi della costruzione dell’identità, ciò consente agli educatori, agli psicoterapeuti di trovare due percorsi ugualmente aperti ed attivi, l’uno sul versante familiare, in cui si possono trovare ragazzini dipendenti e iperprotetti, talvolta passivi, l’altro su quello extrafamiliare e di gruppo.
Il gruppo dei pari è uno dei contesti importanti di attuazione dei comportamenti trasgressivi, un ambito di analisi privilegiato.
Il gruppo tende a diventare contenitore dei problemi dei singoli, e spazio in cui prendono forma collettivamente gli agiti trasgressivi ma anche i bisogni di riconoscimento non soddisfatti e le speranze di crescita che individualmente non trovano sbocchi praticabili.
Sia i singoli ragazzi che i gruppi costituiscono realtà molto differenti tra loro, ed appare rischioso riunire sotto lo stereotipo del “piccolo delinquente” ogni preadolescente che commette reati, così come risulta improprio raccogliere sotto l’icona della banda deviante ogni agito commesso in gruppo.
Il percorso di ricostruzione di senso deve essere fatto tenendo conto delle storie singole e delle ragioni soggettive, ma cercando anche di trovare il significato di gruppo di ciò che è avvenuto, individuando sentimenti, ruoli, pulsioni che vanno al di là della percezione immediata e della consapevolezza di ognuno dei membri.
La restituzione di senso può aiutare a comprendere il percorso simbolico di ognuno ed evitare rigide semplificazioni dei ruoli fissi di leader e gregari che favoriscono lo scarico delle responsabilità individuali sull’entità astratta dei “cattivi compagni”.

Fonte: Cristina Colli, Aspiranti "cattivi", in Fare male, farsi male, a cura di Elena Rosci, FrancoAngeli, 2003

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