martedì 18 marzo 2008

Saper vedere.

C’è una grande, abissale differenza tra guardare e vedere. Costantemente guardiamo il mondo intorno a noi, ma cosa vediamo davvero? Quello che ci circonda oppure semplicemente quello che pensiamo di doverci trovare? Chi di noi sarebbe in grado di descrivere, precisamente, il quadro che si trova nella sala riunioni del proprio ufficio o persino sopra il proprio letto; chi saprebbe disegnare in maniera realistica i tratti del viso delle persone che vediamo tutti i giorni, sui mezzi o in ufficio?

Guardiamo sempre, scrutiamo, fissiamo, cerchiamo... ma raramente vediamo. L’arte inizia proprio lì: da uno sguardo diverso dell’artista. E, mi verrebbe da dire, è il punto dove inizia anche la vita, vissuta consapevolmente. Smettendo di cercare quello che pensiamo di volere, per indagare cosa davvero ha da proporci la vita.

Qualche testimonianza diretta dalle parole di artisti:

James Lord ha dato la seguente descrizione della reazione dell’artista Alberto Giacometti allo spazio vuoto: «Si rimise a dipingere, ma dopo qualche minuto si voltò a guardare nel punto dove fino a poco prima c’era stato il busto, come se volesse riesaminarlo, ed esclamò: “Oh, non c’è più!” Gli ricordai che Diego lo aveva portato via, ma egli disse: “Sì, ma io credevo che ci fosse. Ho guardato e d’un tratto ho visto il vuoto. Ho visto il vuoto. E’ la prima volta che mi capita nella vita».
James Lord, A Giacometti Portrait

Conversando con l’amico André Marchand, il pittore francese Hénri Matisse descrisse in questo modo il passaggio da un tipo di percezione ad un altro: «L’uomo, sapete, ha soltanto un occhio che vede e registra tutto, un occhio che è come una straordinaria macchina fotografica che riprende immagini minute, molto nitide, minuscole; e con quell’immagine, l’uomo dice a se stesso, e per un momento è tranquillo. Poi, sovrapponendosi gradualmente all’immagine, compare, senza che lui se ne accorga, un altro occhio, che riprende un’immagine completamente diversa. “E a questo punto il nostro uomo non vede più chiaramente; ha inizio una lotta tra il primo occhio e il secondo, una lotta feroce, e alla fine il secondo occhio ha la meglio, assume il controllo e così la lotta finisce. Ora che ha in mano la situazione, il secondo occhio può continuare il suo lavoro da solo ed elaborare la propria immagine secondo le leggi della visione interiore. Questo occhio speciale si trova qui” disse Matisse, indicando il cervello.
J. Flam, Matisse on Art

“L’artista è il confidente della natura. I fiori dialogano con lui per mezzo dell’aggraziato curvarsi dei loro steli e del loro dischiudersi in armoniose sfumature di colori. Ogni fiore ha per lui una parola cordiale che la natura gli rivolge”.
Auguste Rodin

“E’ per vedere più chiaramente, per vedere ancor più in profondo, ancor più intensamente, ed essere quindi pienamente consapevole e vivo, che disegno ciò che i cinesi chiamano ‘Le diecimila cose’ che ci circondano. Il disegno è la disciplina per mezzo della quale riscopro costantemente il mondo. Ho imparato che le cose che non ho disegnato non le ho mai viste veramente, e che, quando mi metto a disegnare una cosa qualsiasi, essa mi si rivela straordinaria, un puro miracolo”.
Frederick Franck, The Zen of Seeing

“Quando il bambino comincia a disegnare qualcosa di più che semplici scarabocchi – cioè all’età di tre o quattro anni – la sua memoria e il suo procedimento grafico sono già dominati da un insieme consolidato di conoscenze concettuali formulate in termini di linguaggio… Un disegno è così un resoconto grafico di un processo essenzialmente verbale. Man mano che la sua formazione verbale diventa dominante, il bambino abbandona i suoi tentativi grafici per affidarsi quasi totalmente alle parole. Il linguaggio, dopo aver contaminato il disegno, finisce per sopraffarlo completamente”.
Scritto dallo psicologo Karl Bűhler nel 1930

Citazioni tratte da: Betty Edwards, Disegnare con la parte destra del cervello., Longanesi & C, 1996
Foto: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/minina007/140529526/)

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