mercoledì 27 febbraio 2008

Una parabola ebrea. La storia del monaco.

Un monastero stava attraversando tempi difficili. In precedenza aveva fatto parte di un grande ordine che, in seguito a una persecuzione religiosa nel diciassettesimo e diciottesimo secolo, aveva perso tutte le sue ramificazioni. Era decimato a tal punto che nella casa madre non rimanevano più che cinque monaci: l’Abate e altri quattro, tutti oltre i settanta. Era chiaramente un ordine in via di estinzione.
Nel profondo dei boschi che circondavano il monastero vi era una piccola capanna che il Rabbino di una città vicina usava di tanto in tanto per ritirarsi in eremitaggio. Un giorno accadde che l’Abate vi si recò in visita per vedere se il Rabbino poteva dargli qualche consiglio che potesse salvare il monastero. Il Rabbino diede il benvenuto all’Abate e si dolse insieme a lui. “So com’è” disse “lo spirito ha abbandonato la gente. Quasi nessuno viene più alla sinagoga”. Così il vecchio Rabbino e il vecchio Abate piansero insieme, e lessero passi della Torah e parlarono pacatamente di argomenti profondi.
Venne il momento in cui l’Abate dovette andar via. Si abbracciarono. “E’ stato bellissimo passare del tempo con te” disse l’Abate, “ ma sono venuto meno allo scopo per il quale ero venuto. Non avresti qualche consiglio da darmi per salvare il monastero?”.
“No, mi spiace” risposte il Rabbino, “non ho consigli da darti. La sola cosa che posso dirti è che il Messia è uno di voi”.
Quando gli altri monaci udirono le parole del Rabbino, si chiesero quale possibile significato potessero avere. “Il Messia è uno di noi? Uno di noi, qui, al monastero? Pensate che intendesse l’Abate? Certo, dev’essere l’Abate, che è stato la nostra guida così a lungo. D’altra parte, forse si riferiva a Fratello Thomas, che è senza dubbio un sant’uomo. O forse intendeva Fratello Elrod, che è così irritabile? Ma d’altra parte Elrod è molto saggio. Sicuramente non può essersi riferito a Fratello Phillip: è troppo passivo. Ma d’altra parte, quando hai bisogno di lui è sempre lì, come per magia. Certamente non si riferiva a me, ma supponendo che sia così? Oh, Signore, non io! Non potrei chiederti tanto, non è così?”
Mentre si interrogavano in questo modo, i vecchi monaci cominciarono a trattarsi reciprocamente con straordinario rispetto, nell’eventualità che uno di loro potesse essere il Messia. Dal momento che la foresta dove era situato era bellissima, di tanto in tanto la gente andava a visitare il monastero, per fare una merenda o per camminare lungo i vecchi sentieri, la maggior parte dei quali conducevano alla cappella in rovina. Queste persone percepirono l’aura di straordinario rispetto che circondava i cinque vecchi monaci, e permeava l’atmosfera. Iniziarono ad andare più spesso, portando i loro amici, e i loro amici portarono altri amici. Alcuni degli uomini più giovani che venivano in visita cominciarono a conversare coi monaci. Dopo un po’, uno chiese se poteva entrare a far parte del monastero. Poi un altro, e un altro ancora. Nel giro di pochi anni, il monastero tornò a essere un ordine prospero e, grazie al regalo del Rabbino, una vibrante, autentica comunità di luce e amore per l’intero reame.

Tratto da Rosamund Stone Zander e Benjamin Zander, L’arte del possibile. Diventare gli artefici del proprio successo, Il Sole 24 ore, 2001… un ottimo libro sul cambiamento e sul mondo della possibilità!

Nessun commento: