venerdì 30 maggio 2008

L'errore più grande? Rinunciare.

Il giorno più bello? Oggi.
L’ostacolo più grande? La paura.
La cosa più facile? Sbagliarsi.
L’errore più grande? Rinunciare.
La radice di tutti i mali? L’egoismo.
La distrazione migliore? Il lavoro.

La sconfitta peggiore? Lo scoraggiamento.
I migliori professionisti? I bambini.
Il primo bisogno? Comunicare.
La felicità più grande? Essere utili agli altri.
Il mistero più grande? La morte.

Il difetto peggiore? Il malumore.
La persona più pericolosa? Quella che mente.
Il sentimento più brutto? Il rancore.
Il regalo più bello? Il perdono.
Quello indispensabile? La famiglia.
La rotta migliore? La via giusta.
La sensazione più piacevole? La pace interiore.

L’accoglienza migliore? Il sorriso.
La miglior medicina? L’ottimismo.
La soddisfazione più grande? Il dovere compiuto.
La forza più grande? La fede.
Le persone più necessarie? I sacerdoti.
La cosa più bella del mondo? L’amore.

Da: Madre Teresa, Nel cuore del mondo, Rizzoli
Foto: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/yilud/145108152/)

martedì 20 maggio 2008

La mia vita è stata piena di terribili disgrazie. La maggior parte delle quali...

Chi mi legge da un po' avrà capito la mia filosofia: la vita è quello che è, talvolta un paradiso talaltra un inferno, raramente possiamo determinarne il corso. Però in quello che possiamo davvero determinare, cioè il nostro modo di viverla, siamo spesso dei cuccioli disarmati e disarmanti. Per dirla in altre parole: siamo dei maestri nel rovinarcela, la vita, e riusciamo a farlo in una quantità di modi diversi estremamente creativa. In questo, non siamo quasi mai pigri: ci impegnamo seriamente e dedichiamo una mole considerevole di risorse cognitive e di tempo.

Proviamo a pensare, ad esempio, alla nostra grande capacità di creare mostri e disastri. Montaigne sempre arguto soleva dire: “La mia vita è stata piena di terribili disgrazie, la maggior parte delle quali non si è mai verificata”. Focalizzazione ed immaginazione sono due importanti risorse che, lasciate alla guida della nostra vita senza controllo, possono giocarci brutti scherzi e portarci alla rovina.

Mi spiego meglio. Pensare “al peggio” è – di base – un istinto naturale utile ed adattativo: ci aiuta ad attrezzarci e a prepararci ad un’ipotesi di occorrenza rischiosa, in modo da gestirla al meglio. Quando però questo pensiero (chiamiamolo, in termini vagamente new age, negativo) si insinua nel nostro cervello e ne diventa il padrone, allora dobbiamo fermarci e riflettere. Non abbiamo la sfera di cristallo. Le cose potrebbero andare sia bene, che male. Non possono andare sempre e solo male. Il buon senso ce lo dice, e anche la vita, la statistica, la storia.

Se il nostro cervello riesce a rimandarci sempre e solo immagini di sciagure e il peggio di quello che potrebbe capitare, siamo caduti nel circolo vizioso della focalizzazione. E’ il meccanismo che induce a rappresentarsi in modo esplicito solo un sottoinsieme degli stati del mondo: solo una parte quindi delle sue numerose, forse infinite, possibilità. Senza controllo, possiamo arrivare all’assurdo – purtroppo tutt’altro che raro – in cui siamo infelici anche quando avremmo tutte le condizioni per essere felici (perché non osserviamo la realtà, ma siamo sempre lì a cullare le nostre paure e le nostre aspettative di disastro).

Il grande psicologo americano William James (fratello dello scrittore Henry, splendida famiglia quella!) scrisse a questo proposito: “Assistiamo al paradosso di un uomo che si vergogna da morire perché è il secondo pugile o vogatore del mondo. Che sia più veloce di tutti gli altri esseri al mondo tranne uno, non basta”. Pensiamoci.

Foto: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/magomerlano/749400720/

venerdì 16 maggio 2008

Lotteria e cambiamento.

Non c’è bisogno di vincere alla lotteria per dedicarsi alle proprie passioni. Parecchi anni fa alcuni studiosi hanno studiato che cosa succede a chi vince la lotteria e a chi subisce un incidente rimanendo paralizzato. I risultati hanno stupito tutti, a partire dai ricercatori stessi. Per il buon senso, vincere alla lotteria è la miglior fortuna che ci possa capitare e rimanere paralizzati è probabilmente tra le peggiori se non la peggiore. Ebbene: questo è risultato vero poche settimane dopo l’evento. Con il passare del tempo, però, le cose sono cambiate. A qualche anno di distanza, tanto i vincitori della lotteria quanto gli sfortunati paraplegici sono tornati ad un livello di benessere o malessere soggettivo (percepito) allineato a quello che avevano prima dell’evento clou.
Che cosa significa questo? Semplicemente che una grande fortuna o una grande sfortuna può cambiare molto della nostra vita, ma non cambia noi. Il nostro atteggiamento verso la vita, il nostro ottimismo o pessimismo, il nostro temperamento caratteriale rimangono immutati persino se toccati da esperienze così sfidanti.

Gli studiosi hanno tratto da queste ricerche due conclusioni. Innanzitutto, l’infelicità è innescata da un processo di cambiamento in peggio rispetto a un precedente livello di benessere: sono i decrementi che ci fanno soffrire, non i valori assoluti. In pratica: quando ci abituiamo al cambiamento, non ci fa più soffrire o gioire. A parte questo fattore tempo, ce n’è un secondo che entra il gioco ed è quello del controllo. Siamo tanto più in pace quanto più siamo capaci di attribuire i cambiamenti in negativo a fattori esterni (che non possiamo controllare né modificare) e i cambiamenti in positivo a noi. Proprio per questo, si è cominciato a misurare il livello soggettivo di benessere come funzione della tendenza a spiegare gli eventi accaduti nel passato a cause interne o esterne. Una persona felice (o serena) pensando al proprio passato dirà che ha passato l’esame bene perché aveva studiato e che ha avuto il posto di lavoro perché se lo meritava. Una persona infelice o non serena sosterrà invece che magari l’esame è andato bene, ma avrebbe potuto andar meglio se non ci fosse stato in commissione un professore incapace, e che il lavoro l’ha avuto ma perché non c’era nessun altro di valido o perché non hanno trovato nessun altro che si accontentasse di quelle condizioni.

Rimane comunque certo che, per chiunque di noi, il neomiliardario sarà sempre una persona fortunatissima e felicissima. Finché non ci accorgeremo che esistono due diversi piani di valutazione (continuità o cambiamento nel tempo), daremo agli eventi un potere assoluto che – di fatto – in realtà non hanno. Morale: se volete essere felici, cominciate a lavorare su di voi. Doveste poi vincere alla lotteria, sarete non solo molto eleganti, ma anche felici!

Foto: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/auntyevil/2200823688/)
Riferimenti: per chi volesse saperne di più sugli studi condotti, i ricercatori che se ne sono occupati sono stati Brickman, Coates e Janoff-Bulman (1978), Diener (1996), Silver (1982), Schkade e Kahneman (1998)