
La vita umana è un esperimento di esito incerto. È un fenomeno grandioso solo in termini quantitativi. Individualmente, è così fugace, così insufficiente, da doversi letteralmente considerare un miracolo che qualcosa possa esistere e svilupparsi. Fui colpito da questo fatto tanto tempo fa, quando ero un giovane studente di medicina, e mi sembra sempre miracoloso di non venir annientato prematuramente.
La vita mi ha sempre fatto pensare a una pianta che vive del suo rizoma: la sua vera vita è invisibile, nascosta nel rizoma. Ciò che appare alla superficie della terra dura solo un’estate, e poi appassisce, apparizione effimera. Quando riflettiamo sull’incessante sorgere e decadere della vita e delle civiltà, non possiamo sottrarci a un’impressione di assoluta nullità: ma io non ho mai perduto il senso che qualcosa vive e dura oltre questo eterno fluire. Quello che noi vediamo è il fiore, che passa: ma il rizoma perdura.
In fondo, le sole vicende della mia vita che mi sembrano degne di essere riferite sono quelle nelle quali il mondo imperituro ha fatto irruzione in questo mondo transeunte (…) Senza una risposta e una soluzione dall’interno, le vicende e le complicazioni della vita, alla fin fine, significano poco. Le circostanze esterne non possono sostituire le esperienze interiori: perciò la mia vita è stata particolarmente povera di eventi esteriori. Di questi non posso dire molto, e, se lo facessi, avrei l’impressione di fare una cosa vana e inconsistente. Posso comprendere me stesso solo nei termini delle vicende interiori:sono queste che hanno caratterizzato la mia vita, e di queste tratta la mia “autobiografia”.
Da: Carl Gustav Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, BUR, 1992
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