Ma un elogio della stupidità, Isa, no. Ti voglio bene e ti stimo immensamente, lo sai. Talora ci troviamo in posizioni lontane. Questa volta siamo proprio agli antipodi. Ho cercato inutilmente nella mia libreria (mai prestare i buoni libri: un’altra certezza nella vita a parte la morte e le tasse è che i buoni libri non tornano indietro, mai!) il trattato sulla stupidità di quel grande vecchio saggio, professore di storia medievale ed economica che è stato Carlo Cipolla, che tu citi. In trenta divertentissime pagine (circolate prima solo tra i suoi amici, poi pubblicate, mi sembra da Il Mulino), ha dettato le leggi della stupidità umana. Ricordo che ha stilato percentuali e grafici per dimostrare come il tasso di stupidità sia sempre fisso, nei tempi e nelle diverse civiltà. In qualche modo, ciò è consolante. Secondo lui, gli stupidi sono un male necessario di una certa percentuale della specie umana. Ma un male, Isa, e io sono d’accordo con lui. Non prendiamoci in giro e non troviamo scusanti anche per chi esercita il suo (legittimo, forse necessario, forse universale [?]) cattivo senso. Che poi dal male a volte spunti il bene, è una dinamica dei tempi e della natura (o un segno forse metafisico, chi lo sa) che non può però essere virtuosamente attribuito al male, io penso.
Mi son ricordata anche dell’arguzia di Paul Valéry a proposito di un certo discorrere dei filosofi. Dedico con affetto intellettuale questo pensiero a tutti i difensori della stupidità:
“Il termine “esistenza” piace ai filosofi. Sono convinti che “questo tavolo esiste” voglia dire qualcosa di più che parlare di questo tavolo e basta. Probabilmente, che il tavolo esista o meno, nulla cambia in realtà. Ma ai filosofi piace essere padroni di affermare, se occorre, che il tavolo è un sogno, battendovi sopra con forza. Se però si fanno male non possono dubitare del loro male…
… In verità con “esistenza” intendono, o credono di intendere, un qualche valore che non esiste”.
Da: Paul Valéry, Cattivi Pensieri, Adelphi 2006
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