venerdì 16 maggio 2008

Lotteria e cambiamento.

Non c’è bisogno di vincere alla lotteria per dedicarsi alle proprie passioni. Parecchi anni fa alcuni studiosi hanno studiato che cosa succede a chi vince la lotteria e a chi subisce un incidente rimanendo paralizzato. I risultati hanno stupito tutti, a partire dai ricercatori stessi. Per il buon senso, vincere alla lotteria è la miglior fortuna che ci possa capitare e rimanere paralizzati è probabilmente tra le peggiori se non la peggiore. Ebbene: questo è risultato vero poche settimane dopo l’evento. Con il passare del tempo, però, le cose sono cambiate. A qualche anno di distanza, tanto i vincitori della lotteria quanto gli sfortunati paraplegici sono tornati ad un livello di benessere o malessere soggettivo (percepito) allineato a quello che avevano prima dell’evento clou.
Che cosa significa questo? Semplicemente che una grande fortuna o una grande sfortuna può cambiare molto della nostra vita, ma non cambia noi. Il nostro atteggiamento verso la vita, il nostro ottimismo o pessimismo, il nostro temperamento caratteriale rimangono immutati persino se toccati da esperienze così sfidanti.

Gli studiosi hanno tratto da queste ricerche due conclusioni. Innanzitutto, l’infelicità è innescata da un processo di cambiamento in peggio rispetto a un precedente livello di benessere: sono i decrementi che ci fanno soffrire, non i valori assoluti. In pratica: quando ci abituiamo al cambiamento, non ci fa più soffrire o gioire. A parte questo fattore tempo, ce n’è un secondo che entra il gioco ed è quello del controllo. Siamo tanto più in pace quanto più siamo capaci di attribuire i cambiamenti in negativo a fattori esterni (che non possiamo controllare né modificare) e i cambiamenti in positivo a noi. Proprio per questo, si è cominciato a misurare il livello soggettivo di benessere come funzione della tendenza a spiegare gli eventi accaduti nel passato a cause interne o esterne. Una persona felice (o serena) pensando al proprio passato dirà che ha passato l’esame bene perché aveva studiato e che ha avuto il posto di lavoro perché se lo meritava. Una persona infelice o non serena sosterrà invece che magari l’esame è andato bene, ma avrebbe potuto andar meglio se non ci fosse stato in commissione un professore incapace, e che il lavoro l’ha avuto ma perché non c’era nessun altro di valido o perché non hanno trovato nessun altro che si accontentasse di quelle condizioni.

Rimane comunque certo che, per chiunque di noi, il neomiliardario sarà sempre una persona fortunatissima e felicissima. Finché non ci accorgeremo che esistono due diversi piani di valutazione (continuità o cambiamento nel tempo), daremo agli eventi un potere assoluto che – di fatto – in realtà non hanno. Morale: se volete essere felici, cominciate a lavorare su di voi. Doveste poi vincere alla lotteria, sarete non solo molto eleganti, ma anche felici!

Foto: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/auntyevil/2200823688/)
Riferimenti: per chi volesse saperne di più sugli studi condotti, i ricercatori che se ne sono occupati sono stati Brickman, Coates e Janoff-Bulman (1978), Diener (1996), Silver (1982), Schkade e Kahneman (1998)

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