martedì 20 maggio 2008

La mia vita è stata piena di terribili disgrazie. La maggior parte delle quali...

Chi mi legge da un po' avrà capito la mia filosofia: la vita è quello che è, talvolta un paradiso talaltra un inferno, raramente possiamo determinarne il corso. Però in quello che possiamo davvero determinare, cioè il nostro modo di viverla, siamo spesso dei cuccioli disarmati e disarmanti. Per dirla in altre parole: siamo dei maestri nel rovinarcela, la vita, e riusciamo a farlo in una quantità di modi diversi estremamente creativa. In questo, non siamo quasi mai pigri: ci impegnamo seriamente e dedichiamo una mole considerevole di risorse cognitive e di tempo.

Proviamo a pensare, ad esempio, alla nostra grande capacità di creare mostri e disastri. Montaigne sempre arguto soleva dire: “La mia vita è stata piena di terribili disgrazie, la maggior parte delle quali non si è mai verificata”. Focalizzazione ed immaginazione sono due importanti risorse che, lasciate alla guida della nostra vita senza controllo, possono giocarci brutti scherzi e portarci alla rovina.

Mi spiego meglio. Pensare “al peggio” è – di base – un istinto naturale utile ed adattativo: ci aiuta ad attrezzarci e a prepararci ad un’ipotesi di occorrenza rischiosa, in modo da gestirla al meglio. Quando però questo pensiero (chiamiamolo, in termini vagamente new age, negativo) si insinua nel nostro cervello e ne diventa il padrone, allora dobbiamo fermarci e riflettere. Non abbiamo la sfera di cristallo. Le cose potrebbero andare sia bene, che male. Non possono andare sempre e solo male. Il buon senso ce lo dice, e anche la vita, la statistica, la storia.

Se il nostro cervello riesce a rimandarci sempre e solo immagini di sciagure e il peggio di quello che potrebbe capitare, siamo caduti nel circolo vizioso della focalizzazione. E’ il meccanismo che induce a rappresentarsi in modo esplicito solo un sottoinsieme degli stati del mondo: solo una parte quindi delle sue numerose, forse infinite, possibilità. Senza controllo, possiamo arrivare all’assurdo – purtroppo tutt’altro che raro – in cui siamo infelici anche quando avremmo tutte le condizioni per essere felici (perché non osserviamo la realtà, ma siamo sempre lì a cullare le nostre paure e le nostre aspettative di disastro).

Il grande psicologo americano William James (fratello dello scrittore Henry, splendida famiglia quella!) scrisse a questo proposito: “Assistiamo al paradosso di un uomo che si vergogna da morire perché è il secondo pugile o vogatore del mondo. Che sia più veloce di tutti gli altri esseri al mondo tranne uno, non basta”. Pensiamoci.

Foto: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/magomerlano/749400720/

Nessun commento: