mercoledì 27 febbraio 2008

Cronobiologia: come cambiamo in seguito all'esposizione alla luce o al buio

Gli studi sui cicli biologici del bioritmo hanno dato vita alla cronobiologia, una scienza medica che ha prodotto nuove scoperte e utili applicazioni terapeutiche
Intorno al 1950, il ricercatore francese Alain Reinberg si rese conto, studiando i cicli di escrezione urinaria di sodio, cloro e potassio, che le loro concentrazioni subivano variazioni endogene, cioè indipendenti da fattori esterni. In questo modo dimostrò che l’andamento delle funzioni organiche non era costante, ma soggetto a cambiamenti: aveva scoperto, involontariamente, i cicli biologici interni che compongono il bioritmo.
Anolli e Legrenzi nel volume “Psicologia Generale” Il Mulino, 2003, affermano che le variazioni e le differenze individuali nell’alternanza fra il sonno e la veglia hanno indotto gli studiosi a valutare la presenza e l’azione dei ritmi biologici nella vita di un individuo. Si tratta dei cosiddetti ritmi circadiani che non riguardano soltanto il ciclo sonno-veglia, ma anche tutti gli altri aspetti fisiologici e psicologici (Rusak e Zucker 1979). L’insieme di questi fenomeni è oggetto della cronobiologia. I ritmi o cicli circadiani riguardano i cicli psicobiologici la cui periodicità è di circa 24 ore. Vi sono cicli infradiani con un ciclo superiore a 28 ore e quelli ultradiani con un periodo inferiore a 20 ore, come il ritmo della fame.
I ritmi mantengono la loro periodicità grazie alla presenza di fattori ambientali, il più importante dei quali è il ciclo di luce e buio. Questi sono agenti sincronizzatori ambientali Zeitgebers e danno una dimensione temporale ai ritmi circadiani. In laboratorio è possibile allungare o accorciare il ciclo luce- buio, un giorno di 20 o 30 ore con conseguenti effetti sui ritmi biologici.
Ma se improvvisamente non vi fossero più riferimenti ambientali, cosa succederebbe ad una persona in queste condizioni? La condizione si definisce di free-running in un ambiente mantenuto costante e privo di qualsiasi indizio temporale, sia gli uomini, sia gli altri animali continuano a mantenere i loro ritmi circadiani che diventano normalmente più lunghi e hanno una durata di 25 ore per la maggioranza dei soggetti, per la lentezza degli oscillatori biologici interni. Quindi ogni giorno essi si addormentano in maniera sistematica con un’ora circa di ritardo rispetto al giorno precedente. E’ un fenomeno regolare e costante come se fosse regolato da un orologio biologico interno che va più lentamente quando non è governato dai fattori ambientali e questa regolarità è mantenuta indipendente dal tipo di attività mentale o manuale compiuta dai soggetti.
Il ritmo circadiano sonno-veglia è associato a quello della temperatura corporea, l’addormentamento avviene in corrispondenza con il valore minimo della temperatura e il risveglio tende a coincidere con il suo innalzamento.
Se la condizione di free- running prosegue per oltre due settimane, si verifica una dissociazione tra questi due ritmi che diventano indipendenti, si ha la desincronizzazione interna. Il ciclo della temperatura rimane costante (circa 24,5 ore), mentre il ciclo sonno-veglia subisce notevoli variazioni e oscillazioni, con episodi di sonno di durata variabile, separati da veglie della durata anche di 50 ore.
Se il ciclo circadiano sonno-veglia persiste anche in assenza di segnali ambientali è dovuto alla presenza di un sistema neurofisiologico, chiamato orologio circadiano che ha sede in zona ben definita del cervello, nei nuclei soprachiasmatici. Si sono fatti passi avanti nell’individuazione delle basi genetiche dei cicli circadiani: si è accertato che il gene tau abbrevia i ritmi del criceto e che il gene clock di topimutanti allunga il loro ciclo delle attività circadiane.

Oltre a svelarci alcuni segreti sul funzionamento del nostro corpo, la cronobiologia permette anche applicazioni pratiche: ci indica in quali momenti l’organismo è più sensibile alle sostanze farmacologiche. In questo modo la cronofarmacologia, una branca della cronobiologia, può studiare la migliore somministrazione controllata dei farmaci. Gli studi cronofarmacologici hanno anche permesso di individuare un ormone, l’ACTH 1-17, in grado di risincronizzare l’organismo quando fenomeni esterni, come il cambiamento di fuso orario o alcune malattie, turbano l’ordine dei cicli biologici. Grazie alla cronobiologia, non solo il medico può indicarci quando assumere un farmaco, ma noi stessi possiamo conoscere meglio il nostro organismo, grazie a misurazioni semplici delle variazioni fisiologiche quali la temperatura, la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. (Bioritmi. Ambiente e salute G.Iannuzzo)

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