E' vero, la malattia riesce a cambiare completamente il nostro rapporto con il corpo e con la vita. Ed è altresì vero che è più difficile per lo specialista, il medico o chiunque ne sappia di medicina, accettare la malattia dentro di sé, conoscendone la possibile evoluzione. E' più difficile sperare e ricordarsi che, se anche la probabilità statistica è contro di noi, noi non siamo una media e, soprattutto, la
media è sempre espressione di una tendenza centrale, non riguarda la totalità dei casi. I numeri talora possono essere usati contro di noi, da chi non li sa usare oppure dal nostro cervello, che può focalizzarsi su una parte dell'insieme di possibilità.
Lascio esprimere questo concetto a Stephen Jay Gould, uno dei più prestigiosi biologi evoluzionisti. Questo difficile rapporto tra malattia e numeri, lui l'ha vissuto sulla sua pelle e sa dirlo molto meglio di quanto non saprei mai fare io.
Una carezza virtuale, con infinito affetto, a tutte le persone che in questo momento stanno coltivando dentro di sé il dubbio della malattia, o il suo seme. E una carezza anche alla mia sorellina, matematica, che vorrà perdonarmi questo "attacco" (che non è contro i numeri, ma contro i numeranti e i terroristi dei numeri).
Nel 1982 a quarant’anni mi è stato diagnosticato un mesotelioma addominale, una forma di tumore rara e “inevitabilmente fatale” (per citare tutti i giudizi ufficiali del tempo)… Dopo lo shock iniziale, non appena il mio cervello riprese a funzionare, iniziai a riflettere sui dati e sul verdetto cruciale di “otto mesi di mortalità mediana”. Impostai il mio ragionamento da biologo evoluzionista.
Cosa significano “otto mesi di mortalità mediana”? Eccoci all’errore filosofico che ha motivato questo libro: la maggior parte della gente vede le medie come realtà fondamentali e la variazione come uno strumento per calcolare una misura significativa di tendenza principale. In questo mondo platonico, “otto mesi di mortalità mediana” può soltanto significare: “probabilmente tra otto mesi sarà morto”, forse la diagnosi più raggelante che si possa mai leggere.
Commettiamo un grave errore se consideriamo una misura della tendenza principale come il valore più probabile per ogni singolo individuo; eppure molte persone lo commettono per tutta la vita. La tendenza principale è un’astrazione, la variazione è la realtà. Innanzitutto, dobbiamo chiederci cosa significhi mortalità “mediana”... io non sono una misura della tendenza principale, sia essa la media o la mediana. Sono un singolo essere umano con il mesotelioma, e pretendo una valutazione migliore delle mie possibilità, perché ho delle decisioni personali da prendere, e i miei impegni non possono essere stabiliti da medie astratte. Ho bisogno di porre me stesso nella regione più probabile di una distribuzione di variazione che sia basata sui particolari del mio caso personale; non devo semplicemente presumere che il mio destino corrisponderà a qualche misura della tendenza centrale...
(...) Sono stato curato e guarito da medici coraggiosi, i quali hanno usato un metodo sperimentale che adesso può salvare altri ammalati quando scoprano la malattia in uno stadio precoce
(...) è stata fatta molta strada dai giorni oscuri in cui le diagnosi di tumore venivano scrupolosamente nascoste ai pazienti, sia per la deplorevole ragione che molti medici consideravano il sotterfugio come il modo migliore per mantenere il controllo, sia per il pietoso (e il malaccorto) presupposto che la maggior parte della gente non riuscisse a tollerare una notizia che era un ultimatum e una sentenza di morte. È impossibile però superare gli ostacoli con l’ignoranza: pensiamo a che contributo avrebbe potuto dare Franklin D. Roosevelt alla nostra concezione dell’handicap se, invece di nascondere con la tanta abilità la sua paralisi, avesse dichiarato apertamente che non governava certo con le gambe...
Stephen Jay Gould, Gli alberi non crescono fino al cielo, Mondadori
Foto bambino: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/exitdoors/2383203300/)